3,2,1 Joburg!

Siamo a circa una settimana dal nostro primo impatto con Johannesburg, o Joberg, come tutti la chiamano qui. Non ci siamo concessi il tempo di pensare e il mattino dopo il nostro arrivo, abbiamo accompagnato i nostri infreddoliti Bombis a scuola, nel ventoso venerdi di luglio designato per il nostro arrivo, in pieno inverno sudafricano. Un inverno che abbiamo forse sottovalutato e che comunque non potevamo conoscere davvero finché non ce lo siamo ritrovati davanti agli arrivi internazionali e tutto intorno ai carrelli da spingere verso l’uscita. Il freddo nel miniappartamento dell’hotel, riscaldato da tre apparecchi elettrici che sparano aria tiepida seccandola come fa il climatizzatore, era cosi cattivo al risveglio, da farti venire insieme brividi, lacrime e qualche colpo di tosse. In questi casi una madre pensa solo con sgomento che i propri figli possono ammalarsi, è un’apprensione che trafigge il cuore e rimanda immediato il pensiero a chi, da queste ed altre parti del mondo, un sistema di riscaldamento vero e proprio non ce l’ha, nemmeno come questo, e la visione di chi sia fortunato e chi no, di cio’ che davvero serve per stare bene e cosa è superfluo, ti si ribalta all’istante, mentre sfreghi le mani e ti prepari a spalle strette la tua tazza di the. Tra il taxista extralarge che non sapeva come raggiungere la sua auto e ci ha costretti ad aspettarlo fuori dall’aeroporto per mezz’ora con i nostril figli ed il nostro convoglio da espatriazione di 10 bagagli, una felpa addosso con 15 gradi fuori, il buio ed alcuni simpatici avventori che iniziavano a metter mano alle valige e tu ti chiedi stanca morta dopo 28 ore di volo come andrà a finire, tra il risveglio nel freddo del mattino successivo, e la crisi di rigetto momentanea del Piccolo, le nostre prime ore a Joburg sono state intense e forse leggermente traumatiche, comunque sono bastate per acchiappare chi un raffreddore, chi un colpo di freddo alla testa, chi come minimo una fantastica screpolatura di primo grado alle labbra, che erano abituate al sole di un’estate durata 10 mesi e sono piombate con poche parole esauste, in un clima secco e pungente, ma baciato da una luce straordinaria sotto un cielo sgombro ed azzurro vivo. Dunque per svegliare i Bombis una manciata di ore dopo questo freddoloso atterraggio e farli alzare per afferrare al volo l’ultimo giorno della settimana, nell’aria pizzichina dei nostril 1500 metri s.l.v., mi sono sentita certo un po’ mamma Orco lo confesso, ma col tempo stiamo imparando a fare scelte che implicano un magone da ingoiare pur di lasciare ai ragazzi il modo di ambientarsi il meglio possibile. Ed una sola prima giornata per conoscere la nuova scuola e la nuova classe, prima di un’intera settimana piena di nuovi impegni, ci è sembrata l’opzione più conveniente dal loro punto di vista. Anche se il Piccolo ha avuto un piccolo crollo emotivo prima di entrare nel suo nuovo mondo, questo in realtà è stato un vantaggio: alcuni bambini dolcissimi sono usciti dalla classe ad accoglierlo e confortarlo immediatamente e un nuovo amico per la pelle che si è presentato come Angelo, gli ha offerto all’istante per l’ora della ricreazione, la garanzia del gioco ed una nuova amicizia da condividere. Per lui nessun inizio avrebbe potuto essere migliore di questo! Il Grande, naturalmente compassato nella sua nuova divisa navy, era d’altro canto leggermente seccato di non possedere ancora il blazer blu e la cravatta regent di ordinanza che quelli della sesta classe portano tutti i venerdi all’assembly della Prep Superior. Scusandoci quasi con lui per la nostra ignoranza e l’incuria nei suoi confronti, dopo il secondo trasloco internazionale in 30 giorni precisi, un viaggio di 28 ore in notturna ed un atterraggio nel gelo della sera Joburghese la sera precedente, lo abbiamo affidato alle amorevoli cure di un ragazzo della sua età sul cui bavero trionfava il distintivo di “student council”. Appena il tempo di dirgli un malinconico “ciao” che i due hanno iniziato a sfilare chiacchierando lungo il corridoio del pian terreno disseminato di classi e sale attività ed il nostro primo bombis, quello grande, è diventato all’istante ancora un pochino più grande. Nel nostro primo Venerdi di Joberg il vento ha portato una lista di appuntamenti per visitare le prime case nei due estate che circondano Reddam, la scuola dei ragazzi. C’è già stato un tuffo al cuore per un’elegante e soleggiata casa con piccola piscina e giardino romantico nell’estate il cui nome in Zulu, “Kalyami”, significa “Casa mia”. Ho trovato bella la coincidenza per noi, di questa connotazione in particolare e ho sentito che l’unica altra caratteristica veramente fondamentale per la nostra prossima casa in questo Paese dopo un’ottima esposizione a Nord, è che possa farci ammirare tutti i bellisimi tramonti che questa regione in particolare sembra promettere ogni giorno, alla stessa ora. Hanno la fama di essere unici e sempre diversi e a parole cerchero’ di dipingerne alcuni. Ed è cosi che ci siamo ritrovati io e Lui di nuovo soli ed insieme, con la nostra nuova pagina bianca da scrivere, in Sud Africa. E’ la stessa pagina che abbiamo voltato mesi fa e che aspettava di essere inaugurata. A noi riempirla di volti, sapori, profumi, parole, suoni, immagini, ricordi, tutti da vivere e nel possibile, condividere. Ma oggi, dopo averli osservati ed ammirati in questa prima settimana fitta di cambiamenti da integrare, un grazie mio dal cuore va per forza ai nostri Bombis, per essere cosi forti per Mamma e Papà, cosi flessibili e rapidi nell’adattarvi a tutto, e cosi voi stessi ovunque, anche sotto questo bel sole che poi alle 11 ci fa buttare via la giacca e vi ha già regalato un viso caramellato e due gote di pesca perché qui passate molto tempo all’aria aperta! Siete uno spettacolo vivente, fa bene al cuore guardarvi ed ascoltarvi crescere accanto a noi.